Appartenere è un principio che "mi risuona". Rifletto costantemente sul suo significato profondo, partendo da quello più generale.
Riporto, da Google: "essere di legittima proprietà", "far parte di un gruppo, di una famiglia, di una categoria", "essere incluso nei confini di un territorio".
L'appartenenza, e il suo senso, sono cardini nella definizione dell'uomo come appartenente al genere umano, dell'animale a quello animale, del vegetale a quello vegetale, e del minerale a quello minerale.
Ma non è solo questo.
Esiste un'appartenenza che supera qualsiasi definizione, sociale, antropologica, persino psicologica.
E' quella dell'anima. E non ha accezioni.
Le altre forme sono emanazioni sovrastrutturali, necessarie per stare al mondo.
Come si entra in relazione con la necessità di appartenenza dell'anima? Come si capisce che l'anima si sente "a casa" nel posto in cui si trova? Ce lo dice chiaramente il corpo, con delle sensazioni vaghe, che possono essere piacevoli oppure sgradevoli.
Le sensazioni piacevoli sono semplici da riconoscere perchè siamo, e stiamo, dove ci troviamo, senza difficoltà e sbavature, come spesso dico.
Quelle sgradevoli, anche. Si riconoscono perchè sono vaghe. A differenza delle prime, le sgradevoli sono imprecise. Giungono come una specie di nebbia che non ci lascia vedere cosa c'è intorno a noi (ma anche dentro). Ci avvolge, spesso chiudendoci anche la gola. Non passa l'aria, oppure passa poco e male, siamo contratti, la nostra fascia invia messaggi "di pericolo" alla velocità della luce al nostro cervello, attiviamo la risposta di combattimento, fuga, oppure congelamento, l'ippocampo è sovraccarico di ricordi di qualcosa che non è mai stato elaborato e digerito...
Questi sono i segnali di non appartenenza; una non appartenenza a dove si è e a cosa si fa. Una non appartenenza al gusto della frammentazione.
L'anima ce lo segnala chiaramente. E lo fa con intento educativo, invitandoci, attraverso le sensazioni, a cambiare rotta. Sensazioni che si riattivano se la storia di cui sono custodi non è stata portata a compimento.
Per portare a compimento una storia di appartenenza, è importante individuare la sensazioni più forti, ascoltarle per capire cosa ci vogliono dire, di cosa, e di chi, ci vogliono parlare.
Forse proprio di noi, oppure di una persona che ci è vicina, di famiglia, oppure no.
Qualcuno che è stato prima di noi, con cui abbiamo stabilito una relazione transgenerazionale, che ha varcato lo spazio-tempo, ed è tornato qui, attraverso la nostra esperienza, a cercare il finale della storia: la sua, la nostra e quella dell'anima.
Buona settimana,
Cristina